Noi non abbiamo dubbi, sicuramente i selezionati.
La massiccia presenza di lieviti in cantina durante le fasi di ammostamento ha fatto ipotizzare che la specie Saccaromyces cerevisiae sia direttamente associata all’attività dell’uomo.
Questa ipotesi ha suggerito che i ceppi di lieviti possono adattarsi a determinati microambienti, e siano I più idonei per produrre vini di qualità.
Questa ipotesi molto affascinante per molti addetti al settore è stata spinta fino al punto tale di definire tali lieviti autoctoni, ovvero selezionati in quel particolare ambiente, quindi migliori per produrre vini con peculiari caratteri di tipicità del luogo.
Il termine autoctono è utilizzato in microbiologia medica per indicare microorganismi presenti in nicchie ristrette e ben definite, dove la pressione selettiva esercitata è costante nel tempo.
Nel vino Il concetto di autoctono è stato esteso alla cantina, ipotizzando la presenza di lieviti caratteristici di ogni singola cantina.
Se così fosse, in ogni cantina per almeno due o più anni successivi si dovrebbero isolare sempre gli stessi ceppi, ma questo fino ad oggi non è mai stato dimostrato.
Inoltre la continua contaminazione tra vigna e cantina mediata da uccelli ma soprattutto insetti, uno tra tutti la drosophila Melanogaster e la sanitizzazione delle attrezzature e dei locali di cantina fanno escludere questa come nicchia ristretta.
Quindi è più corretto definirli indigeni, ovvero lieviti presenti in un determinato momento senza alcuna pretesa di continuità temporale.
Ma questi lieviti sono di diverse specie e hanno differenti caratteristiche e proprietà, non tutti operano trasformazioni favorevoli alla qualità del vino, ad esempio il Brettanomices è un particolare lievito contaminante particolarmente pericoloso e abbastanza noto agli appassionati del vino, per la produzione di una sgradevole molecola odorosa responsabile di un intenso odore di sudore di cavallo conosciuto anche come carattere brett.
Un altro aspetto preoccupante nell’utilizzare lieviti indigeni riguarda la produzione di acidità volatile, essenzialmente di acido acetico, infatti I lieviti apiculati sono comunemente conosciuti come produttori di elevate quantità di acido acetico, per cui il loro naturale sviluppo facilita la produzione di vini difettosi.
Da non sottovalutare nei lieviti indigeni la possibile presenza di particolari ceppi produttori di idrogeno solforato, il classico odore di uova marce, non solo un altro problema che si può riscontrare risiede nell’irregolarità della fermentazione con avvii stentati e chiusure lentissime, sicuramente rischiose perché possono dare la possibilità ai microrganismi ossidativi di ossidare il vino già in fase di realizzazione.
In conclusione con una fermentazione lasciata in mano ai lieviti indigeni non si ha alcuna certezza di ottenere un vino di qualità.
Pertanto scegliere di lasciare tutto al caso sarebbe davvero un peccato, soprattutto dopo aver lavorato duramente in vigna un intero anno per ottenere un’uva di elevate qualità.
Ecco perché noi utilizziamo lieviti selezionati ovvero ceppi di lieviti indigeni isolati dal loro ambiente naturale e caratterizzati nelle loro varie attività.
Proprio perché scelto non fa cose dannose per l’uomo e per la qualità del vino.